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"L'innovazione vive una condizione universale di rispetto incondizionato: qui è dove abita l'uomo della pratica, poiesis, che trova il suo contrario nella limitazione e nella ripetizione di se stesso. L'abitudine è il suo vero contrario. Chi accetta lo stato di fatto si mette nella condizione di 'Candide', di sposalizio con la natura, mentre l'innovazione è proprio la nostra incapacità di adattarci alla natura. Di contro c'è la questione che riguarda l'uomo, l'esserci. È qui che troviamo il vero ritardo perché di fronte all'innovazione dovremmo rinnovare anche noi stessi, emanciparci. Ma indugiamo di fronte all'accelerazione innovativa, sappiamo che saremo sempre in ritardo rispetto alle nuove tecnologie, cioè sempre incompetenti e sempre più impotenti. L''insufficienza' della nostra capacità adattiva motiva la nostra inquietudine e la nostra incontentabilità (che il marketing sfrutta a dovere), nichilismo e indifferentismo fanno il resto. Non disponiamo più di un idealità come quella tensione rinascimentale volta all''uomo completo', verso ciò che paradossalmente poteva ancora desiderare di essere un Marx giovane e sfrontato: «Io non sono nulla e dovrei essere tutto»." (Il curatore)